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I NOSTRI ARTISTI
Leo Giampaolo
Leo Giampaolo (Leonardo Mario Gilberto Giampaolo)
è nato a Torino nel 1937 dove vive e lavora.
Esordisce artisticamente nel 1963 alla Mostra d'Autunno del
Piemonte Artistico. Nel 1964 è segnalato al Premio Marche.
Nel 1965 è premiato alla Promotrice di Torino e viene invitato al "Salon de Mai" di Parigi
Abbandona la pittura nel 73 poi ritorna a dipingere alla fine degli anni novanta.
Ha in attivo molte personali e collettive in Italia e all'estero.
Hanno scritto sul suo lavoro noti critici. Nel 2016 il Museo MIlT di Torino gli ha dedicato una personale con le sue opere più recenti.
è nato a Torino nel 1937 dove vive e lavora.
Esordisce artisticamente nel 1963 alla Mostra d'Autunno del
Piemonte Artistico. Nel 1964 è segnalato al Premio Marche.
Nel 1965 è premiato alla Promotrice di Torino e viene invitato al "Salon de Mai" di Parigi
Abbandona la pittura nel 73 poi ritorna a dipingere alla fine degli anni novanta.
Ha in attivo molte personali e collettive in Italia e all'estero.
Hanno scritto sul suo lavoro noti critici. Nel 2016 il Museo MIlT di Torino gli ha dedicato una personale con le sue opere più recenti.
Mario D'Altilia
Mario d’Altilia nasce a Lucera (FG) e vive a Torino dagli anni settanta.
Sin da bambino ha sempre mostrato grande interesse per il disegno artistico ma la sua grande passione per l’arte nasce nel 1991, a Madrid, quando conosce il famoso scultore e pittore spagnolo Manolo Alaminos. Tra i due si instaura una grande amicizia che lo avvicina sempre di più al mondo dell’arte.
Nel 1996 inizia a frequentare corsi di disegno e pittura con il maestro Arrigo Carmelo.
Successivamente l’artista si dedica anche allo studio della storia dell’arte, della teoria dei colori e del disegno artistico.
Ha esposto le sue opere in diverse mostre personali e in molteplici esposizioni collettive in Italia e all'estero.
Sin da bambino ha sempre mostrato grande interesse per il disegno artistico ma la sua grande passione per l’arte nasce nel 1991, a Madrid, quando conosce il famoso scultore e pittore spagnolo Manolo Alaminos. Tra i due si instaura una grande amicizia che lo avvicina sempre di più al mondo dell’arte.
Nel 1996 inizia a frequentare corsi di disegno e pittura con il maestro Arrigo Carmelo.
Successivamente l’artista si dedica anche allo studio della storia dell’arte, della teoria dei colori e del disegno artistico.
Ha esposto le sue opere in diverse mostre personali e in molteplici esposizioni collettive in Italia e all'estero.
Jessica Spagnolo
Jessica è nata a Torino , si è diplomata al Primo Liceo artistico e laureata in Architettura. Dipinge alla ricerca del nuovo romanticismo. La sua irrequietezza pittorica la spinge a sperimentare alla ricerca del se, chimera di ogni espressione artistica di introspezione.
Gran parte della formazione avviene grazie all’artista olandese Marta Nieuwenhuijs e agli insegnamenti del maestro Daniele Fissore.
Ha partecipato a numerosissime collettive ed è stata per quattro edizioni la curatrice della Mostra Internazionale Artes – Torino, ad oggi giudice e madrina di eventi e manifestazioni d’arte.
Gran parte della formazione avviene grazie all’artista olandese Marta Nieuwenhuijs e agli insegnamenti del maestro Daniele Fissore.
Ha partecipato a numerosissime collettive ed è stata per quattro edizioni la curatrice della Mostra Internazionale Artes – Torino, ad oggi giudice e madrina di eventi e manifestazioni d’arte.
Rosetta Vercellotti
Rosetta Vercellotti, torinese, ha iniziato a dipingere nel 1977. Ha cominciato utilizzando carboncino e poi ha proseguito con pastelli a cera, ecoline, oli ed acrilici.
Dal figurativo è approdata all’astratto, genere che predilige tuttora.
Rosetta ha esposto in varie mostre personali e collettive in Italia ed all'estero. Tra l'altro è stata presente alla Promotrice delle Belle Arti di Torino dal 1991 a tutt’oggi e al Circolo Ufficiali di Presidio di Torino nel 1993. Ha partecipato alla Mostra internazionale di arti visive della Regione Lazio dedicata al “Pianeta Donna” con mostra collettiva presso il Centro Culturale Sinesi di Roma nel 1996. Ha ricevuto numerosi premi. È risultata prima classificata per lo stile al Premio internazionale "Trastevere" nel 1996 e prima classificata per la pittura astratta al Premio "Ripetta" di Roma nel 1997.
Nel 2016 e nel 2019 ha esposto presso il Circolo degli Artisti di Torino, nel 2016 nella Galleria Gastaldi del Santuario di Graglia, nel 2020 allo Spazio Mouv di Torino e nel 2022 al Centro Culturale Conti Avogadro di Cerrione.
Ancora nel 2022 ha tenuto una grande esposizione antologica presso il prestigioso Palazzo Barolo di Torino dal titolo “Sensibile Sconosciuto” curata da Dino Aloi.
Angelo Mistrangelo nel 2015 ha firmato per lei la monografia “Rosetta Vercellotti il mondo dell’inconscio”, monografia che è presente nelle biblioteche del Metropolitan Museum of Art e del Guggenheim Museum di New York.
Nel 2018 Claudia Ghiraldello ha pubblicato il libro “Rosetta Vercellotti, la donna e le opere”, raccolta della produzione dell’artista degli ultimi anni.
Nel 2022 è uscito il volume “Nuovo Respiro”.
I libri sono pubblicati dalla casa editrice Il Pennino di Torino.
Nel 2023 inizia la collaborazione con Bohmfineart.
Dal figurativo è approdata all’astratto, genere che predilige tuttora.
Rosetta ha esposto in varie mostre personali e collettive in Italia ed all'estero. Tra l'altro è stata presente alla Promotrice delle Belle Arti di Torino dal 1991 a tutt’oggi e al Circolo Ufficiali di Presidio di Torino nel 1993. Ha partecipato alla Mostra internazionale di arti visive della Regione Lazio dedicata al “Pianeta Donna” con mostra collettiva presso il Centro Culturale Sinesi di Roma nel 1996. Ha ricevuto numerosi premi. È risultata prima classificata per lo stile al Premio internazionale "Trastevere" nel 1996 e prima classificata per la pittura astratta al Premio "Ripetta" di Roma nel 1997.
Nel 2016 e nel 2019 ha esposto presso il Circolo degli Artisti di Torino, nel 2016 nella Galleria Gastaldi del Santuario di Graglia, nel 2020 allo Spazio Mouv di Torino e nel 2022 al Centro Culturale Conti Avogadro di Cerrione.
Ancora nel 2022 ha tenuto una grande esposizione antologica presso il prestigioso Palazzo Barolo di Torino dal titolo “Sensibile Sconosciuto” curata da Dino Aloi.
Angelo Mistrangelo nel 2015 ha firmato per lei la monografia “Rosetta Vercellotti il mondo dell’inconscio”, monografia che è presente nelle biblioteche del Metropolitan Museum of Art e del Guggenheim Museum di New York.
Nel 2018 Claudia Ghiraldello ha pubblicato il libro “Rosetta Vercellotti, la donna e le opere”, raccolta della produzione dell’artista degli ultimi anni.
Nel 2022 è uscito il volume “Nuovo Respiro”.
I libri sono pubblicati dalla casa editrice Il Pennino di Torino.
Nel 2023 inizia la collaborazione con Bohmfineart.
Silvia Rege Cambrin
Silvia Rege Cambrin nasce a Coazze (To) il 1° agosto 1957. Vive e lavora a Giaveno (To).
Ha avuto fin da bambina una grande propensione per il disegno e una spiccata attrazione per i colori. Pur non avendo compiuto studi artistici, l’amore verso l’arte l’ha spinta a sperimentare numerose tecniche come la pittura su ceramica, il carboncino e l’acquerello. Dopo aver conseguito il diploma di Maturità scientifica si è iscritta alla facoltà di Scienze Naturali. Per una forma di scontentezza e inquietudine interiori ha successivamente interrotto gli studi universitari dedicandosi di conseguenza ad alcune discipline non convenzionali (astrologia, psicobiologia, tecniche di riequilibrio energetico, tarologia,) atte ad una comprensione più sottile del mistero della Vita. Ma l’attitudine artistica è sempre emersa in modo irrefrenabile e compatibilmente con i suoi impegni lavorativi nell’azienda di famiglia e i suoi compiti materni, nel corso della sua vita si sono sempre alternati periodi di creazione. Il perfezionamento della tecnica ad olio l’ha poi spronata ad attizzare massimamente il suo fuoco creativo, dedicandosi appieno e con fervente alacrità alla realizzazione di una galleria di opere ispirate dal suo profondo desiderio di penetrare l’anima dei soggetti distillandone l’armonia.
Ha avuto fin da bambina una grande propensione per il disegno e una spiccata attrazione per i colori. Pur non avendo compiuto studi artistici, l’amore verso l’arte l’ha spinta a sperimentare numerose tecniche come la pittura su ceramica, il carboncino e l’acquerello. Dopo aver conseguito il diploma di Maturità scientifica si è iscritta alla facoltà di Scienze Naturali. Per una forma di scontentezza e inquietudine interiori ha successivamente interrotto gli studi universitari dedicandosi di conseguenza ad alcune discipline non convenzionali (astrologia, psicobiologia, tecniche di riequilibrio energetico, tarologia,) atte ad una comprensione più sottile del mistero della Vita. Ma l’attitudine artistica è sempre emersa in modo irrefrenabile e compatibilmente con i suoi impegni lavorativi nell’azienda di famiglia e i suoi compiti materni, nel corso della sua vita si sono sempre alternati periodi di creazione. Il perfezionamento della tecnica ad olio l’ha poi spronata ad attizzare massimamente il suo fuoco creativo, dedicandosi appieno e con fervente alacrità alla realizzazione di una galleria di opere ispirate dal suo profondo desiderio di penetrare l’anima dei soggetti distillandone l’armonia.
Michele Berlot
Sono un architetto, classe ‘63. Mi sono appassionato al disegno tecnico e da lì è nato e si è sviluppato il mio percorso “espressivo”: dapprima disegni astratti realizzati a china, le tecniche miste dei primi anni Novanta, poi usando il CAD, in computergrafica.
In parallelo, mi sono dedicato anche al disegno "a mano", realizzato con le tecniche tradizionali.
Poi ho scoperto la materia e ho iniziato a dipingere. La mia pittura può essere definita informale, ma è un informale sicuramente non gestuale. Ha bisogno di una preparazione di fondo su cui poi lavorare, stendendo il colore in modo che non sia percepibile la pennellata.
Attualmente utilizzo carta e colla mescolata al colore: attraverso numerosi passaggi e sovrapposizioni, arrivo a quell’equilibrio da cui nascono i miei quadri. E proprio per la loro matericità, hanno molti riferimenti a forme “naturali” ed è molto facile rintracciarvi anche volti o figure che sembrano abitare la tela, un microcosmo in cui ognuno può immaginare e costruire la propria storia.
In parallelo, mi sono dedicato anche al disegno "a mano", realizzato con le tecniche tradizionali.
Poi ho scoperto la materia e ho iniziato a dipingere. La mia pittura può essere definita informale, ma è un informale sicuramente non gestuale. Ha bisogno di una preparazione di fondo su cui poi lavorare, stendendo il colore in modo che non sia percepibile la pennellata.
Attualmente utilizzo carta e colla mescolata al colore: attraverso numerosi passaggi e sovrapposizioni, arrivo a quell’equilibrio da cui nascono i miei quadri. E proprio per la loro matericità, hanno molti riferimenti a forme “naturali” ed è molto facile rintracciarvi anche volti o figure che sembrano abitare la tela, un microcosmo in cui ognuno può immaginare e costruire la propria storia.
Flaviana Chiarotto
L’attività creativa di Flaviana Chiarotto si presenta all’insegna di un’operazione coinvolgente e cor- diale, nel senso che le connotazioni mentali si arricchiscono di quella fluida vibratilità del cuore, cui essa fa riferimento tutte le volte nelle quali pone mano alla tavolozza, senza mai dimenticare che il colloquio “par images” è un continuo, incessante quanto esaltante processo comunicativo affidato ad una ricerca che non è solo tecnica stilisticamente, suggestivamente imprevedibile nelle sue risul- tanze, ma anche, se non soprattutto, affinamento e perfezionamento di un linguaggio che nessun ar- tista deve mai considerare definitivamente raggiunto o completamente scontato. Consapevole di tutto questo, Flaviana Chiarotto nata l’8 aprile 1954 a Loreo, provincia di Rovigo, e residente in Piemonte, trasfonde nei suoi dipinti quell’ “élan vital” bergsoniano che è empito, proiezione e pro- cedimento catartico allo stesso tempo.
In virtù di tale non comune prerogativa essa può comunicare momenti che sono di volta in volta espressioni di tenerezza, di affetto, di riflessione, di abbandono, di attesa, di speranza, di nostalgia, di verità o di quotidianità, così come sono dispensatori di evocazioni memoriali, di ripiegamenti in- teriori alla ricerca di ricordi lontani o di segmenti dell’anima sedimentati in lei sin dall’epoca dell’in- fanzia.
La gioviale esuberanza che promana in buona parte dalle sue tele, anche se qualche volta stemperata dalla maschera della sua malinconia, come una sorta di specchio a rifrangenza autobiografica, e frutto gustoso di un’indole, quale è quella della pittrice veneta, aperta, solare, trasparente nell’ap- proccio con i propri simili, non conoscendo essa la corrosione logorante e acrimoniosa dell’invidia, sentimento negativo molto diffuso nell’ambiente artistico, che finisce immancabilmente per consu- mare chi di esso si nutre o perfidamente si compiace.
La pittura di Chiarotto, gratificata da qualificanti riconoscimenti, è l’emanazione luminosa, con in- termittenti, complementari ammiccamenti di bonaria umbratilità, di un temperamento che si dif- fonde con amabile immediatezza nella semplicità del sentire e nella genuinità profusa nelle opere, le quali ci parlano di lei, della sua visione del mondo e ci mettono in sintonia con la fragranza del suo essere poeticamente donna.
Testo estratto dal libro: “La Donna nella Storia dell’Arte” di Giuseppe Nasillo, Edizioni Pentarco Torino
In virtù di tale non comune prerogativa essa può comunicare momenti che sono di volta in volta espressioni di tenerezza, di affetto, di riflessione, di abbandono, di attesa, di speranza, di nostalgia, di verità o di quotidianità, così come sono dispensatori di evocazioni memoriali, di ripiegamenti in- teriori alla ricerca di ricordi lontani o di segmenti dell’anima sedimentati in lei sin dall’epoca dell’in- fanzia.
La gioviale esuberanza che promana in buona parte dalle sue tele, anche se qualche volta stemperata dalla maschera della sua malinconia, come una sorta di specchio a rifrangenza autobiografica, e frutto gustoso di un’indole, quale è quella della pittrice veneta, aperta, solare, trasparente nell’ap- proccio con i propri simili, non conoscendo essa la corrosione logorante e acrimoniosa dell’invidia, sentimento negativo molto diffuso nell’ambiente artistico, che finisce immancabilmente per consu- mare chi di esso si nutre o perfidamente si compiace.
La pittura di Chiarotto, gratificata da qualificanti riconoscimenti, è l’emanazione luminosa, con in- termittenti, complementari ammiccamenti di bonaria umbratilità, di un temperamento che si dif- fonde con amabile immediatezza nella semplicità del sentire e nella genuinità profusa nelle opere, le quali ci parlano di lei, della sua visione del mondo e ci mettono in sintonia con la fragranza del suo essere poeticamente donna.
Testo estratto dal libro: “La Donna nella Storia dell’Arte” di Giuseppe Nasillo, Edizioni Pentarco Torino
Taraski
Creatività napoletana ed equilibrio sabaudo, insomma, Taraski, il nome d'arte scelto da Giancarlo Taraschi, nato nel 1962 a Torino dove vive e lavora, ma che ama sottolineare di essere stato concepito sotto il Vesuvio,... da autentici genitori napoletani.
Taraski scopre la sua passione per la pittura nel 1988; è in questo periodo, alternando lunghi periodi di meditazione e soffermandosi maniacalmente sull'uso dei pigmenti e sulla ricerca dell'espressività gestuale - anche attraverso la pratica dello shodō - che si delinea la sua unicità, sempre fuori dagli schemi!
Si comincia a intravedere quello che in futuro sarà il nucleo tematico caratteristico della sua attività: la riflessione sul ruolo dell'immagine nella società dei mass media, le influenze della cultura "pop" americana, l'uso di colori sfacciati e il forte carattere sperimentale.
Non si è mai conformato a nessuna corrente o visione artistica. Alla fine, la cifra ultima è sempre la sua, anche nell'incertezza, anche quando fallisce.
Il suo metodo di lavoro è molto legato alla gestualità derivata dalla pratica dell'Aikido (che insegna ai ragazzi della sua accademia).
Ha tre figli, due dei quali ancora piccoli. Il suo bambino interiore è vitale; quando crea lo fa liberamente, senza preoccuparsi troppo del risultato.
Il suo amore per la natura lo ha portato recentemente, in modo acritico e intenzionale, a parlare di energie alternative nelle sue opere.
Taraski scopre la sua passione per la pittura nel 1988; è in questo periodo, alternando lunghi periodi di meditazione e soffermandosi maniacalmente sull'uso dei pigmenti e sulla ricerca dell'espressività gestuale - anche attraverso la pratica dello shodō - che si delinea la sua unicità, sempre fuori dagli schemi!
Si comincia a intravedere quello che in futuro sarà il nucleo tematico caratteristico della sua attività: la riflessione sul ruolo dell'immagine nella società dei mass media, le influenze della cultura "pop" americana, l'uso di colori sfacciati e il forte carattere sperimentale.
Non si è mai conformato a nessuna corrente o visione artistica. Alla fine, la cifra ultima è sempre la sua, anche nell'incertezza, anche quando fallisce.
Il suo metodo di lavoro è molto legato alla gestualità derivata dalla pratica dell'Aikido (che insegna ai ragazzi della sua accademia).
Ha tre figli, due dei quali ancora piccoli. Il suo bambino interiore è vitale; quando crea lo fa liberamente, senza preoccuparsi troppo del risultato.
Il suo amore per la natura lo ha portato recentemente, in modo acritico e intenzionale, a parlare di energie alternative nelle sue opere.
Laura Marello
Il mondo culturale contemporaneo è drasticamente cambiato da quando, nelle ultime decadi del 900, ha visto irrompere sulla scena artistica internazionale, la presenza di coraggiosi protagonisti che hanno saputo dare forma a nuovi linguaggi coinvolgenti, forti, potenti e pieni di ritmo. Sono state proposte audaci tematiche, concetti arditi con originali contenuti che hanno suggerito armonie mai percepite prima, nuove sfide e tensioni provocatorie che ci hanno costretto a nuove idee e nuove visioni del mondo e a mettere in discussione le nostre certezze legate alla tradizione. Tutto questo ci ha obbligati a sviluppare pensieri più attuali e moderni, a ridiscutere, ad ampliare
e ridefinire, con coraggio e determinazione, il nostro concetto di arte. E’ stato l’inizio di un’evoluzione intellettuale che ha dato l’avvio ad una fervente stagione di ricerca
che in Francia ha preso il nome di Pittura Informale mentre negli Stati Uniti di Action Painting o Abstract Espressionism, e in Italia è connotata come pittura Materica e Gestuale.
E’ in un panorama artistico di tal genere che si pone la ricerca di Laura Marello: sulla tela il colore e il segno registrano un'emozione pura. La composizione si realizza senza la mediazione della figura, senza la rappresentazione di oggetti, senza la raffigurazione di panorami naturalistici, tanto che l'esercizio del dipingere diventa un'esperienza oltreché visiva anche sensoriale e tattile.
Rimarchevole è la complessita' che riesce ad ottenere con strutture pittoriche semplici, virate perlopiu' al monocromo, elementari nel modulo costruttivo con il solo intento di dare “forma all’informe”.
La presenza dialettica di due valori fra loro opposti: la luce e la non-luce che l’artista gestisce con una riduzione cromatica e un impianto compositivo geometrizzato, non privo di suggestività, è virata verso addensamenti e rarefazioni che compongono un arabesco casuale di linee, in un gioco riverberante di figura e sfondo. Forse ci troviamo difronte a una sorta di scrittura autografa che origina nei meandri dell’inconscio. Con la loro tensione dinamica ipotizziamo che quei segni siano la registrazione del suo gesto creativo, la cifra di uno slancio vitale che vuole dominare l’emotività, nell’intento di trasformare la memoria personale indistinta in uno strumento di analisi e auto
conoscenza. Con questa esposizione Laura Marello ci fa prefigurare una sua stagione futura densa di raccoglimento e concentrazione, di espressività esistenziale e vigore narrativo.
vigore narrativo.
e ridefinire, con coraggio e determinazione, il nostro concetto di arte. E’ stato l’inizio di un’evoluzione intellettuale che ha dato l’avvio ad una fervente stagione di ricerca
che in Francia ha preso il nome di Pittura Informale mentre negli Stati Uniti di Action Painting o Abstract Espressionism, e in Italia è connotata come pittura Materica e Gestuale.
E’ in un panorama artistico di tal genere che si pone la ricerca di Laura Marello: sulla tela il colore e il segno registrano un'emozione pura. La composizione si realizza senza la mediazione della figura, senza la rappresentazione di oggetti, senza la raffigurazione di panorami naturalistici, tanto che l'esercizio del dipingere diventa un'esperienza oltreché visiva anche sensoriale e tattile.
Rimarchevole è la complessita' che riesce ad ottenere con strutture pittoriche semplici, virate perlopiu' al monocromo, elementari nel modulo costruttivo con il solo intento di dare “forma all’informe”.
La presenza dialettica di due valori fra loro opposti: la luce e la non-luce che l’artista gestisce con una riduzione cromatica e un impianto compositivo geometrizzato, non privo di suggestività, è virata verso addensamenti e rarefazioni che compongono un arabesco casuale di linee, in un gioco riverberante di figura e sfondo. Forse ci troviamo difronte a una sorta di scrittura autografa che origina nei meandri dell’inconscio. Con la loro tensione dinamica ipotizziamo che quei segni siano la registrazione del suo gesto creativo, la cifra di uno slancio vitale che vuole dominare l’emotività, nell’intento di trasformare la memoria personale indistinta in uno strumento di analisi e auto
conoscenza. Con questa esposizione Laura Marello ci fa prefigurare una sua stagione futura densa di raccoglimento e concentrazione, di espressività esistenziale e vigore narrativo.
vigore narrativo.
Alex Corno
Alex Corno è nato a Monza nel 1960 e vive a Milano. Si è diplomato al Liceo Artistico Statale I° di Milano nel 1978 e nel 1982 in Scultura con Alik Cavaliere all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. Terminati gli studi, insegna per un decennio nelle scuole statali, per poi dedicarsi interamente alla propria ricerca artistica.
Negli anni ottanta, partito da una scultura composta da assemblaggi di oggetti di recupero ridipinti, approderà a un lavoro attento alla struttura e allo spazio da esso determinato, con sempre maggiore preferenza per il ferro saldato.
Corno non vive nella continuità della tradizione scultorea ma nella coscienza dell’improponibilità di un passato immobile e nella connessa aspirazione ad aderire al proprio tempo, contro una scultura lingua morta, per una scultura lingua viva. Con una sempre più essenziale ricerca di sintesi e leggerezza in cui si oggettiva l’esperienza interiore, vissuta in una dimen- sione anche spiritualistica.
Ha esposto in numerose mostre sia in Italia che all’estero. Le sue opere si trovano in collezioni private e pubbliche in Italia, Svizzera, Francia, Inghilterra, Stati Uniti.
Negli anni ottanta, partito da una scultura composta da assemblaggi di oggetti di recupero ridipinti, approderà a un lavoro attento alla struttura e allo spazio da esso determinato, con sempre maggiore preferenza per il ferro saldato.
Corno non vive nella continuità della tradizione scultorea ma nella coscienza dell’improponibilità di un passato immobile e nella connessa aspirazione ad aderire al proprio tempo, contro una scultura lingua morta, per una scultura lingua viva. Con una sempre più essenziale ricerca di sintesi e leggerezza in cui si oggettiva l’esperienza interiore, vissuta in una dimen- sione anche spiritualistica.
Ha esposto in numerose mostre sia in Italia che all’estero. Le sue opere si trovano in collezioni private e pubbliche in Italia, Svizzera, Francia, Inghilterra, Stati Uniti.
Santo Alligo
Santo Alligo nasce nel 1948 a Roccalumera (ME). A 5 anni la sua famiglia si trasferisce a Torino. Dopo essersi diplomato alla Civica Scuola d’Arte Ceramica diventa assistente della ceramista Anna Maria Carusi, dove l’aiuta a realizzare grandi bassorilievi in terracotta patinata. A sedici anni si impiega come grafico/illustratore presso lo studio pubblicitario Armando Testa, dove crea, nel 1967, l’ippopotamo Pippo per i caroselli dei pannolini Lines. Nel suo breve saggio, Manuel Carrera, storico e critico d’arte, scrive: “Tra i protagonisti assoluti del Carosello nati nell’ambito dello Studio Testa, Pippo, l’ippopotamo della Lines, resta ancora oggi uno dei più memorabili, al punto da rasentare il mito. A realizzarlo fu un giovanissimo e talentuoso Santo Alligo, allora fresco di formazione tra la Civica Scuola d’Arte Ce- ramica e lo studio di Anna Maria Carusi. La realizzazione di Pippo si inserisce a pieno titolo nel suo iter artistico e può essere definita la sua prima importante esperienza in qualità di scultore contemporaneo [...] Di Pippo, però, oltre all’immagine, resta un’ineguagliabile vivacità, una freschezza di contenuti che è frutto felice e imperituro della creatività di Santo Alligo”. Grafico e illustratore pubblicitario, lavora per importanti agenzie e industrie italiane, da Ferrero a Esselunga, da San Pellegrino a Levi’s. Crea immagini in cui abbina idea e perizia tecnica, come Facciasciutta e Trisapore, da Federico Zeri giudicate “invenzioni belle, anzi, talvolta splendide”, come in alcuni manifesti: Mondiali di scherma di Torino, Associazione Antiquari d’Italia, Torino Calcio.
Dal 1966 inizia a modellare ritratti in terracotta caratterizzati da un’introspettiva adesione al modello, che rappresentano, come ha scritto Adriano Olivieri, la produzione più intimamente legata alla sensibilità di Alligo. Questo esiguo corpus di opere nate negli anni Sessanta-Settanta – con gli occhi bagnati alle fonti di Arturo Martini e Gemito, lungamente osservati al Museo d’Arte Civica di Torino – ha qualcosa di sorprendente nel modo di intuire il pneuma che erompe a fior di pelle nei soggetti ai quali immaginiamo sia mancato il tempo d’avvedersi di essere già stati tradotti in creta. In un attimo Alligo coglie la vita della persona e la restituisce in una ma- teria ruvida, modellata in modo rustico e che raggiunge una verità penetrante prossima al lin- guaggio veristico degli etruschi e dei romani; non all’arte nata da un ideale estetico come nei Greci ma dalla realtà come nei latini. Esemplari in questo senso sono: il ritratto di Pietro del 1975, con lo sguardo che ci trapassa e le palpebre languide che ritroviamo in certi visi della stirpe degli Antonini, quello di Nino vero come veri sono alcuni volti di imperatori che sembrano contadini della Maremma laziale, quello della madre Paola, un’autentica mater materia, o an- cora della moglie Mariolina, bloccata in un sigillo di simmetrica bellezza. Sono della fine degli anni Ottanta alcune sculture raffiguranti oggetti di uso comune: dalla Lacoste fino al Maglione di lana, che Vittorio Sgarbi considera “sculture che parlano... oggetti eterni con l’anima”.
Le sculture di Alligo (rigorosamente pezzi unici) sono state esposte in numerose collettive e nelle personali: Terrecotte, Torino 2014; Antologica 1960/2014, Roma; Urgenze plastiche, 2014/15, Milano; The Fringe of the Art World, 2017, Torino. L’opera “Domenica”. Finalmente! È stata esposta all’Expo di Milano del 2015. Nel 2010 riceve dall’Accademia di Belle Arti di Urbino il premio “Il sogno di Piero” per la sua attività artistica nel campo della grafica, della scultura e per la sua appassionata ricerca e divulgazione sui maestri dell’illustrazione.
“Santo Alligo, pur rifacendosi in larga parte al linguaggio della plastica figurativa tradizionale, è artista perfettamente contemporaneo. Ed è contemporaneo proprio in quanto “personalità”, in quanto personaggio, ovvero in quanto persona, intendendo il termine alla latina, in senso scenico. Alligo – bisogna sottolinearlo – è un personaggio naturale, animato da una speciale naïveté: a tratti fanciullesca, a tratti sulfurea. Naturale è altresì il suo talento sorgivo, privo di costruzioni e artifici; privo di sofisticazioni e sofisticherie. Non si può conoscere fino in fondo l’opera di Santo se non si conosce la sua persona, caratterizzata da una teatralità impulsiva, schietta, frenetica. Pure l’eterogenea dimensione intellettuale di Alligo, che tradisce un’irrefrenabile indole eclettica, è fondamentale per comprendere le diverse articolazioni della sua scultura, nella quale confluiscono con candida disinvoltura arcaismi sicelioti, amore ap- passionato per l’illustrazione, suggestioni fumettistiche e pubblicitarie, citazioni cinefile e bi- bliofile, gusto divertito per la trovata spiazzante o provocatoria. La sua ultima mostra presenta un generoso florilegio di opere in terracotta, bronzo, alluminio e legno (talvolta con interventi in resine e plexiglas), realizzate dall’artista a partire dalla fine degli anni settanta, con un focus specifico sulla produzione inedita degli ultimi tre anni. Negli ultimi lavori Alligo ha toccato tutte le corde espressive che da sempre contraddistinguono il suo agitato universo poetico, giun- gendo a una sintesi ideale dei propri codici concettuali e visivi: dalla laconica Morte di un pulcino al surreale Digital portrait, dallo straniante Riflesso al “Domenica”. Finalmente!, dal dittico Restare bambino allo spettacolare Uomo invisibile, dal superbo busto in terracotta ingobbiata e filo di ferro Frontiere spinate (carico di implicazioni politico-sociali) al più enig- matico Dialogo, un bronzo assai complesso, sospeso tra ironico distacco e mistero esistenziale... Dalle mani straordinariamente capaci di Santo ogni materia prende vita, in una dialettica continua e compulsiva che non conosce requie. Abbiamo già osservato altrove quanto sia rilevante l’inclinazione polimaterica delle ultime creazioni di Alligo, inquadrandola in un discorso di imitazione della realtà già in atto all’inizio degli anni novanta, senza trascurare però la portata proiettiva della suddetta inclinazione, riflesso capriccioso di un lontano desiderio infantile di stupore e godimento polimorfo. (Armando Audoli).
Ultimamente è stato chiamato a realizzare un’opera per decorare uno stabile a Torino; dal nome dello stabile “Link”, ha creato grandi pannelli in alluminio tagliati in waterjet.
Dal 1966 inizia a modellare ritratti in terracotta caratterizzati da un’introspettiva adesione al modello, che rappresentano, come ha scritto Adriano Olivieri, la produzione più intimamente legata alla sensibilità di Alligo. Questo esiguo corpus di opere nate negli anni Sessanta-Settanta – con gli occhi bagnati alle fonti di Arturo Martini e Gemito, lungamente osservati al Museo d’Arte Civica di Torino – ha qualcosa di sorprendente nel modo di intuire il pneuma che erompe a fior di pelle nei soggetti ai quali immaginiamo sia mancato il tempo d’avvedersi di essere già stati tradotti in creta. In un attimo Alligo coglie la vita della persona e la restituisce in una ma- teria ruvida, modellata in modo rustico e che raggiunge una verità penetrante prossima al lin- guaggio veristico degli etruschi e dei romani; non all’arte nata da un ideale estetico come nei Greci ma dalla realtà come nei latini. Esemplari in questo senso sono: il ritratto di Pietro del 1975, con lo sguardo che ci trapassa e le palpebre languide che ritroviamo in certi visi della stirpe degli Antonini, quello di Nino vero come veri sono alcuni volti di imperatori che sembrano contadini della Maremma laziale, quello della madre Paola, un’autentica mater materia, o an- cora della moglie Mariolina, bloccata in un sigillo di simmetrica bellezza. Sono della fine degli anni Ottanta alcune sculture raffiguranti oggetti di uso comune: dalla Lacoste fino al Maglione di lana, che Vittorio Sgarbi considera “sculture che parlano... oggetti eterni con l’anima”.
Le sculture di Alligo (rigorosamente pezzi unici) sono state esposte in numerose collettive e nelle personali: Terrecotte, Torino 2014; Antologica 1960/2014, Roma; Urgenze plastiche, 2014/15, Milano; The Fringe of the Art World, 2017, Torino. L’opera “Domenica”. Finalmente! È stata esposta all’Expo di Milano del 2015. Nel 2010 riceve dall’Accademia di Belle Arti di Urbino il premio “Il sogno di Piero” per la sua attività artistica nel campo della grafica, della scultura e per la sua appassionata ricerca e divulgazione sui maestri dell’illustrazione.
“Santo Alligo, pur rifacendosi in larga parte al linguaggio della plastica figurativa tradizionale, è artista perfettamente contemporaneo. Ed è contemporaneo proprio in quanto “personalità”, in quanto personaggio, ovvero in quanto persona, intendendo il termine alla latina, in senso scenico. Alligo – bisogna sottolinearlo – è un personaggio naturale, animato da una speciale naïveté: a tratti fanciullesca, a tratti sulfurea. Naturale è altresì il suo talento sorgivo, privo di costruzioni e artifici; privo di sofisticazioni e sofisticherie. Non si può conoscere fino in fondo l’opera di Santo se non si conosce la sua persona, caratterizzata da una teatralità impulsiva, schietta, frenetica. Pure l’eterogenea dimensione intellettuale di Alligo, che tradisce un’irrefrenabile indole eclettica, è fondamentale per comprendere le diverse articolazioni della sua scultura, nella quale confluiscono con candida disinvoltura arcaismi sicelioti, amore ap- passionato per l’illustrazione, suggestioni fumettistiche e pubblicitarie, citazioni cinefile e bi- bliofile, gusto divertito per la trovata spiazzante o provocatoria. La sua ultima mostra presenta un generoso florilegio di opere in terracotta, bronzo, alluminio e legno (talvolta con interventi in resine e plexiglas), realizzate dall’artista a partire dalla fine degli anni settanta, con un focus specifico sulla produzione inedita degli ultimi tre anni. Negli ultimi lavori Alligo ha toccato tutte le corde espressive che da sempre contraddistinguono il suo agitato universo poetico, giun- gendo a una sintesi ideale dei propri codici concettuali e visivi: dalla laconica Morte di un pulcino al surreale Digital portrait, dallo straniante Riflesso al “Domenica”. Finalmente!, dal dittico Restare bambino allo spettacolare Uomo invisibile, dal superbo busto in terracotta ingobbiata e filo di ferro Frontiere spinate (carico di implicazioni politico-sociali) al più enig- matico Dialogo, un bronzo assai complesso, sospeso tra ironico distacco e mistero esistenziale... Dalle mani straordinariamente capaci di Santo ogni materia prende vita, in una dialettica continua e compulsiva che non conosce requie. Abbiamo già osservato altrove quanto sia rilevante l’inclinazione polimaterica delle ultime creazioni di Alligo, inquadrandola in un discorso di imitazione della realtà già in atto all’inizio degli anni novanta, senza trascurare però la portata proiettiva della suddetta inclinazione, riflesso capriccioso di un lontano desiderio infantile di stupore e godimento polimorfo. (Armando Audoli).
Ultimamente è stato chiamato a realizzare un’opera per decorare uno stabile a Torino; dal nome dello stabile “Link”, ha creato grandi pannelli in alluminio tagliati in waterjet.
Carlo Cammarota
Carlo Cammarota nasce a Campobasso, nel Molise, nel 1949.
Dopo la rituale frequenza scolastica consegue il diploma di disegnatore meccanico, scoprendo cosi la predisposizione per il disegno e la pittura che dopo vagabondaggi per le città d'Italia lo porta alla Fiat di Torino.
Ma insofferente alla rigidità del lavoro in fabbrica la permanenza è breve e tormentata. Comincia così una vita da bohemien tra mille difficoltà.
Consulta freneticamente cataloghi e monografie e visita mostre d'arte. Partecipa a concorsi di pittura. Espone in varie collettive e personali in spazi pubblici e privati, creandosi così una clientela privata che ancora lo segue assiduamente.
Ben sapendo che il futuro che l'artista ha alle spalle è un canto sospeso che continua a valere attraverso l'impegno del dipingere, Cammarota, non è accecato da falsi miti linguistici e quindi prosegue con vocazione autentica la testimonianza del suo percorso artistico.
Dopo la rituale frequenza scolastica consegue il diploma di disegnatore meccanico, scoprendo cosi la predisposizione per il disegno e la pittura che dopo vagabondaggi per le città d'Italia lo porta alla Fiat di Torino.
Ma insofferente alla rigidità del lavoro in fabbrica la permanenza è breve e tormentata. Comincia così una vita da bohemien tra mille difficoltà.
Consulta freneticamente cataloghi e monografie e visita mostre d'arte. Partecipa a concorsi di pittura. Espone in varie collettive e personali in spazi pubblici e privati, creandosi così una clientela privata che ancora lo segue assiduamente.
Ben sapendo che il futuro che l'artista ha alle spalle è un canto sospeso che continua a valere attraverso l'impegno del dipingere, Cammarota, non è accecato da falsi miti linguistici e quindi prosegue con vocazione autentica la testimonianza del suo percorso artistico.
Walter Parini
Walter Carlo Parini nasce ad Arluno nel 1953, laboriosa cittadina dell'hinterland milanese.
Sin da ragazzo dimostra una spiccata propensione per l’arte e la pittura, passioni che lo portano
ad iscriversi e diplomarsi, con dedizione e profitto alla scuola salesiana di arti grafiche a Milano,
tanto da conseguire nel 1969 il primo premio nazionale per la Didattica Grafica al GEC. La mul-
tiforme città meneghina, epicentro delle nuove avanguardie tecnico artistiche, entra a far parte
stabilmente delle sue frequentazioni dando forma ed energia a quell'humus creativo che nel tem-
po concentra ed affina, in una costante rivisitazione innovativa, attraverso l'ausilio delle tecniche
grafiche di cui fa un uso personale che lo porta a svincolarsi dai canoni del tempo ed a dimostrarsi
versatile innovatore, sia come grafico freelance che come vulcanico artista.
Le forme ed i colori, punti cardine nella produzione del Parini, interpretando la materia in modo
iconico modulare, attraverso una dialettica di continuo ripescaggio e rielaborazione della vita che
pulsa intorno all'uomo, lo pongono tra i protagonisti del rinnovamento artistico culturale degli
anni ‘80 e ‘90: i suoi multipli iper materici, le sculture visionarie e le produzioni grafiche rompo-
no con il concetto di anonima normalità, tematica cara all’artista, allontanandolo da tutto ciò che
rientra nei canoni dei circuiti commerciali, per farne un visionario cantore capace di spaziare dal
trash al sublime.
Tutt'’oggi attivo nel campo della pittura e della scultura, ha recentemente esposto alcune delle sue
opere più rappresentative presso la galleria Bohm Fine Art a Torino.
Vanta anche la creazione di tre libri per bambini e un libro connubio di disegni e pensieri dedicato
alla mamma Eleonora scomparsa nel 1992.
Ma il viaggio del Parini prosegue verso nuovi traguardi, sospinto dalle ali della propria visione
introspettiva di quel fanciullo curioso e ribelle che alberga in lui.
Sin da ragazzo dimostra una spiccata propensione per l’arte e la pittura, passioni che lo portano
ad iscriversi e diplomarsi, con dedizione e profitto alla scuola salesiana di arti grafiche a Milano,
tanto da conseguire nel 1969 il primo premio nazionale per la Didattica Grafica al GEC. La mul-
tiforme città meneghina, epicentro delle nuove avanguardie tecnico artistiche, entra a far parte
stabilmente delle sue frequentazioni dando forma ed energia a quell'humus creativo che nel tem-
po concentra ed affina, in una costante rivisitazione innovativa, attraverso l'ausilio delle tecniche
grafiche di cui fa un uso personale che lo porta a svincolarsi dai canoni del tempo ed a dimostrarsi
versatile innovatore, sia come grafico freelance che come vulcanico artista.
Le forme ed i colori, punti cardine nella produzione del Parini, interpretando la materia in modo
iconico modulare, attraverso una dialettica di continuo ripescaggio e rielaborazione della vita che
pulsa intorno all'uomo, lo pongono tra i protagonisti del rinnovamento artistico culturale degli
anni ‘80 e ‘90: i suoi multipli iper materici, le sculture visionarie e le produzioni grafiche rompo-
no con il concetto di anonima normalità, tematica cara all’artista, allontanandolo da tutto ciò che
rientra nei canoni dei circuiti commerciali, per farne un visionario cantore capace di spaziare dal
trash al sublime.
Tutt'’oggi attivo nel campo della pittura e della scultura, ha recentemente esposto alcune delle sue
opere più rappresentative presso la galleria Bohm Fine Art a Torino.
Vanta anche la creazione di tre libri per bambini e un libro connubio di disegni e pensieri dedicato
alla mamma Eleonora scomparsa nel 1992.
Ma il viaggio del Parini prosegue verso nuovi traguardi, sospinto dalle ali della propria visione
introspettiva di quel fanciullo curioso e ribelle che alberga in lui.
ARTE CONTEMPORANEA
Siamo lieti di offrire uno spazio agli artisti emergenti per poter esporre nella nostra galleria al fianco di artisti già affermati, se cerchi un opportunità e sei interessato a esporre le tue opere contattaci per maggiori informazioni.
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